Un supporto a migranti sopravvissuti alle torture: un servizio al Policlinico di Palermo

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Rino Canzoneri

Un servizio, si chiama Sot, dedicato alle persone sopravvissute a torture e gravi forme di violenze intenzionali nel Paese di origine o di arrivo e durante il viaggio, con conseguenze sulla salute fisica, ma soprattutto psicologica. Si trova presso l’ambulatorio di Medicina delle migrazioni del Policlinico, in via del Vespro 141/143, edificio 25, ingresso C. Tutta l’assistenza è gratuita e non sono richiesti residenza e né alcun tipo di documento.

Capofila del progetto sono Medici senza Frontiere e il Policlinico, in collaborazione con la Cledu, la Clinica dei diritti umani, e il dipartimento Promise dell’Università.

Questa opportunità è stata presentata durante un corso di formazione per iniziativa della rete SaluTiamo, coordinata dal medico Mario Affronti che dice: “Abbiamo voluto far conoscere a medici ed operatori, ma anche a semplici cittadini questa problematica e le possibili soluzioni da adottare”.

Il servizio attualmente ha in carico 75 pazienti, 52 entrati quest’anno ed il resto inseriti lo scorso anno ed ancora in cura.

Al lavoro un’equipe multidisciplinare che vede la presenza di medici di base, psicologi, operatori sociali, mediatori culturali ed altri medici specialisti in maniera integrata. Con l’obiettivo di curare o ridurre gli effetti nefasti delle persone che sono state sottoposte a torture, che in buona parte rimangono segnate a vita.

Il servizio offre assistenza medica, psicologica, sociale e legale. Vi si può accedere su segnalazione dei centri di accoglienza, della commissione territoriale che esamina le richieste di asilo e di protezione internazionale, dei servizi sociali, avvocati, enti del Terzo Settore o di altri soggetti inviando una richiesta di presa in carico indirizzata all’email segnalazione.tortura@policlinico.pa.it o presentandosi autonomamente all’ambulatorio di Medicina delle migrazioni nei giorni di lunedì, martedì e venerdì dalle 9.00 alle 13.00.

Le persone che richiedono l’accesso vengono inserite in una lista di attesa e convocate per una prima valutazione e per stabilire il percorso da fare. Nel caso di non presa in carico, le persone vengono inviate alle strutture territoriali più idonee al loro problema.

“La situazione è parecchio grave ed allarmante – dice la coordinatrice del progetto Elisa Galli – sia perché un terzo dei migranti che arrivano ha subito violenze di ogni tipo e perché queste sconvolgono la mente e la vita di chi incappa in questa terribile esperienza”. Sono numeri altissimi se si considera che lo scorso anno in tutto il Paese sono sbarcate 157 mila persone e quest’anno, sino ad ora, circa 50 mila, e come si sa la gran parte in Sicilia. La maggioranza delle violenze avvengono in Libia (61%), seguite dal Paese di origine (37%) e per il 2% nei paesi di transito. Messe in opera per il 46% dai trafficanti, il 14% da militari, 12% dalla popolazione locale e il 18% dalle famiglie (dati di Medici senza Frontiere riferiti a gennaio-settembre del 2023). Altri Paesi molto pericolosi per questo aspetto sono la Tunisia e l’Algeria.

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