Sei migrante nero? Niente casa in affitto

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Foto di un dipinto della pittrice Rosaris Lo Porchio

Stiamo assistendo a Palermo, città nota per l’accoglienza e la tolleranza, ad una situazione di grave emergenza: a continui e ripetuti rifiuti di proprietari di concedere in locazione alloggi agli extracomunitari di colore. Ragazzi e ragazze, anche con bambini piccoli, compiuti 21 anni, vengono messi fuori dalle comunità e non sanno dove andare perché lo Stato si disinteressa completamente di loro. E la società civile non si mostra affatto benevola.

Chi è più fortunato va a convivere, in situazioni estremamente precarie, con altri migranti, di altri non si sa dove finiscano, alcuni sotto qualche porticato. La situazione sta assumendo aspetti preoccupanti e creando forti tensioni per il fatto che senza un tetto non è possibile neanche ottenere altri diritti.

Tutto ciò contribuisce ad aggravare una situazione di particolare marginalità sotto l’aspetto sociale e psicologico, con possibili refluenze anche sull’ordine pubblico. Perché quando una persona è disperata diventa facile preda della rete criminale. Un fenomeno che gonfia di giorno in giorno assieme a rabbia e preoccupazione.

Quando telefoni per un affitto, appena dici che sei migrante, al 99 per cento la risposta è un netto rifiuto, anche in presenza di regolare busta paga oppure offrendo un garante, che può coprire i costi di affitto e che risponde di tutti gli obblighi contrattuali assunti dal conduttore dell’immobile.

Una situazione un po’ come capitava ai siciliani negli anni ‘60’-’70 a Torino e dintorni. In quel caso i cartelli dicevano: “Non si affitta ai meridionali”. Ora qui non si affitta alle persone di colore. E’ la storia che si ripete, stavolta con soggetti diversi. Cinquant’anni di progressi e di civiltà non sono serviti a niente.

C’è un affittasi, telefoniamo. Risponde una signora e dice: “Non affittiamo più. Abbiamo deciso di vendere perché ci chiamano solo migranti e con loro non vogliamo avere a che fare”. Con un’altra si raggiunge l’accordo su tutto, ma quando le si dice che l’inquilina è un’africana oppone un netto rifiuto. Si nega pure l’affitto ad una donna con un bambino autistico che può contare su un’entrata documentata di 2.300 euro al mese. E così di seguito. L’elenco dei no ricevuti è troppo lungo.

“I migranti non si comportano bene, molti non pagano”, queste le frasi ricorrenti. Stereotipi, ingigantiti da una propaganda razzista, di singoli casi che capitano anche con gli inquilini italiani. Ma nella gran parte dei casi non è così. Perché i migranti hanno più interesse degli

italiani a garantirsi un contratto di affitto che è indispensabile per avere la residenza, e di conseguenza la carta di identità, il permesso di soggiorno, un contratto di lavoro regolare, assistenza medica e accesso a piccoli aiuti, servizi e opportunità di tanto in tanto che si presentano.

Sedici associazioni che si occupano di migranti hanno voluto rappresentare al prefetto questa grave situazione per intervenire positivamente su questo fenomeno indicando anche delle possibili soluzioni. Una rappresentanza di queste associazioni ha incontrato ieri uno dei vice prefetti aggiunti esponendo la situazione, ma non sono venute risposte che possano cambiare lo stato delle cose.

Ma ecco di seguito il testo del documento.

Senza una casa non puo’ esserci

accoglienza e inclusione

Appello al Prefetto per possibili soluzioni

Sottoponiamo alla sua cortese attenzione questo documento che evidenzia una delle emergenze che si vivono nella nostra città: l’enorme difficoltà dei migranti a trovare una casa in affitto. Nello stesso tempo le chiediamo un intervento, per quanto di sua competenza, per ricercare soluzioni che possano dare risposte positive a questo problema.

Chiediamo l’apertura di un tavolo di confronto in Prefettura sull’emergenza abitativa nella città di Palermo. Una questione non più rinviabile, che richiede di essere affrontata concretamente per mettere in atto soluzioni tendenti a risolvere il disagio abitativo di cittadini italiani e stranieri.

Un tetto per tutti sta alla base di una società civile, plurale e inclusiva. L’accesso dei migranti alla casa, con un regolare contratto di affitto, è strettamente legato al tema della residenza. Questa costituisce un requisito indispensabile per ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno, la possibilità di avere un contratto di lavoro, l’assistenza sanitaria, quella scolastica ed altri diritti fondamentali. La casa resta, quindi, la priorità assoluta. Il primo requisito per l’accesso ai diritti e ai servizi di cui dovrebbero godere tutti i cittadini presenti nel nostro territorio.

L’accesso al mercato degli affitti residenziali è diventato quasi impossibile soprattutto per gli extracomunitari: si hanno offerte di locazione rivolte a soli studenti, a turisti o attivazioni di contratti ad uso transitorio che non consentono di avere la residenza. Anche in presenza di garanzie di solvibilità, l’accesso alla casa è diventato una chimera.

Assistiamo ad un aspro rincaro degli affitti e a un processo di turistificazione di alcune porzioni del territorio che annullano le possibilità di successo nella ricerca di un alloggio. Restano inascoltati i bisogni della comunità, dinanzi a un mercato di immobili residenziali che si autoregola senza limitazioni esterne.

Trovare casa, o meglio trovare un proprietario di un immobile che riponga fiducia, risulta pressoché impossibile, anche in presenza di un contratto di lavoro a tempo indeterminato, regolare busta paga e permesso di soggiorno. La situazione diventa sempre più complicata in presenza di nuclei familiari con minori a carico.

Il mercato immobiliare ad uso residenziale è inoltre fortemente impregnato da pregiudizi e razzismo nei confronti di persone dalla pelle nera. Ma queste persone hanno più interesse di altri a garantirsi una casa e quindi a pagarla perché, come si diceva prima, per loro la residenza è strettamente connessa al rilascio e al rinnovo del permesso di soggiorno che innesca un circolo vizioso dal momento che senza un contratto d’affitto non è possibile rinnovare il permesso di soggiorno e senza permesso di soggiorno non si possono attivare contratti di lavoro. Casa e lavoro costituiscono, quindi, un binomio inscindibile. 

Vanno ripensate soluzioni per dare concretezza al diritto all’abitare nel nostro territorio.

1) Innanzi tutto servirebbe una diversa politica dello Stato e della Regione che non dovrebbe abbandonare al loro destino persone sole e che vivono in condizioni di fragilità, aggravata dal fatto di essere straniere. Ciò si verifica innanzi tutto per i neomaggiorenni che escono dal sistema di prima accoglienza.

2) Necessita la pubblicazione di un elenco delle migliaia di immobili sfitti, di proprietà di privati o di enti pubblici ed ecclesiastici. Alcuni di essi potrebbero poi essere destinati a progetti di housing sociale gestiti da associazioni del Terzo Settore. Servono inoltre misure atte a scoraggiare i proprietari di immobili sfitti, in particolare quelli che detengono più alloggi, mediante una tassazione sugli appartamenti vuoti e l’auto recupero degli spaziassegnati che preveda il ripristino dei beni immobili da parte degli stessi beneficiari (privati o associazioni).

3) Per favorire gli affitti andrebbe creato un fondo ben regolamentato che faccia da garanzia per i proprietari di alloggi. Uno strumento che potrebbe, da un lato, garantire i proprietari di case e, dall’altro, tutelare gli inquilini con possibili temporanee difficoltà legate al versamento del canone di locazione.

4) Sollecitiamo l’applicazione di un calmiere, una limitazione del prezzo degli alloggi sia sulla locazione sia sulla compravendita.

5) Ci sono in città parecchi immobili inutilizzati confiscati alla mafia, di proprietà della Curia, dello Stato nelle sue varie articolazioni, delle Ferrovie, degli ospedali, del Demanio Marittimo e di altri enti e Fondazioni che potrebbero essere concessi ad associazioni del Terzo Settore, che li ristrutturerebbero per realizzare degli housing sociali con affitti calmierati da circa 150 euro al mese (per coprire i costi di gestione e manutenzione) e che possono fare regolare contratti di affitto, consentendo così agli inquilini di avere anche la residenza. Diverse associazioni del Terzo Settore sono disponibili a gestire iniziative di questo tipo.

6) Alla Prefettura chiediamo: 1) un intervento presso l‘Agenzia nazionale dei Beni confiscati alla criminalità per ottenere immobili da destinare ai migranti. Intervento che potrebbe essere esteso ad altri enti che detengono immobili inutilizzati; 2) la realizzazione di una progettazione finalizzata ad accedere ai fondi Unrra del Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione, che fa capo al Ministero degli Interni, per la ristrutturazione di immobili confiscati o dati in comodato d’uso da enti pubblici e privati. Con tali fondi si può pensare ad altro tipo di interventi che favoriscono l’accesso alla casa; 3) un’opera di sensibilizzazione nei confronti di enti pubblici e privati per concedere in comodato d’uso gratuito immobili inutilizzati per le finalità anzidette. Il fondo Unrra potrebbe essere utilizzato anche per altri interventi che favoriscano l’occupazione, un’altra delle emergenze più importanti.

7) Occorrerebbe incentivare l’accoglienza in casa di ragazzi e ragazze con aiuti da concedere alle famiglie che ospitano a casa propria. Si potrebbe ad esempio pensare ad un contributo mensile o ad uno sconto sulle tasse comunali da pagare.

Ci siamo spesso confrontati con le difficoltà che i cittadini stranieri riscontrano nella ricerca della casa e la frustrazione che ne deriva, sia negli assistiti sia negli operatori, dopo innumerevoli rifiuti e tentativi andati a vuoto, anche in presenza di concrete garanzie di solvibilità.

Da parte nostra, con le poche risorse di cui disponiamo, stiamo progettando una campagna di sensibilizzazione rivolta alla cittadinanza tutta e soprattutto ai potenziali proprietari di casa ancora restii ad affittare agli stranieri. Ci siamo assunti l’impegno di preparare una campagna comunicativa che possa circolare ad ampio spettro sui canali social.

La discrezione del proprietario di casa, a fronte di un proprio (legittimo) interesse economico, a volte lede diritti fondamentali: non si fa riferimento solo alla provenienza, vittime di discriminazione sono anche nuclei familiari con figli, i cittadini non lavoratori, i disabili e le minoranze.

Stiamo producendo il primo di una serie di video, brevi sketch dal linguaggio molto accessibile, volti a destrutturare stereotipi e pregiudizi con i quali ci si scontra ogni giorno.

Il nostro impegno non si esaurisce qui. Lo coltiviamo dal basso insieme a tanti interlocutori del mondo del Terzo Settore, ma abbiamo bisogno di essere sostenuti e coadiuvati dalle istituzioni. 

In conclusione per compiere un’azione efficace e non dispersiva, riteniamo fondamentale creare un punto di raccordo fra più attori: amministratori pubblici locali, Sunia, sindacati, Terzo Settore, Chiesa, agenzie di mediazione immobiliare, ecc. e chiediamo che la Prefettura possa assumere, considerata la sua autorevolezza, il coordinamento di questo gruppo di lavoro.

Le associazioni firmatarie del documento

1) Prima gli ultimi. Nessuno è straniero. Odv, ente del Terzo Settore.

2) Di Vento Sportello di Comunità APS.

3) Refugees Welcome Italia- Palermo.

4) Moltivolti, impresa sociale.

5) Di Sana Pianta APS.

6) Le donne musulmane Fatima.

7) Casa Àncora

8) Architetto Giovanni Giannone, componente Sunia Palermo

9) Il Mediterraneo Scarl, impresa sociale

10) Adozione a vicinanza. Gruppo di cittadini volontari.

11) Associazione Jekafò.

12) Associazione Solaria Onlus.

13) Cesie,

14) Centro per lo sviluppo creativo Danilo Dolci.

15) Promimpresa società benefit srl,

16) Associazione Gambiana a Palermo,

17) Send

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