Tra luci ed ombre, le cose fatte e quelle che restano da fare. I migranti possono essere un’opportunità o un problema se non si gestisce la loro inclusione nel tessuto sociale. La Regione annuncia di volersi costituire parte civile nei processi che riguardano la tratta degli esseri umani ed il caporalato.
di Rino Canzoneri
“Non si può negare che ci sono tante difficoltà, ma non bisogna arrendersi e impegnarsi per un’accoglienza possibile e ben organizzata”. Lo dice il procuratore della Repubblica di Termini Imerese Ambrogio Cartosio nel corso dei lavori della seconda conferenza sul fenomeno migratorio (moderata dal giornalista Francesco Panasci), tenutasi nei giorni scorsi a Palermo. Anche perché l’alternativa è avere tanti clandestini che diventano facili prede della malavita o sfruttati dal punto di vista lavorativo e sessuale. Perché senza documenti non si può avere un lavoro regolare ed una casa e la necessità di sopravvivenza porta ad accettare anche condizioni di illegalità.
Anche il questore di Palermo Vito Calvino ed il prefetto Massimo Mariani mostrano parecchia attenzione al problema, ma leggi e burocrazia non facilitano i processi di inclusione. Per cui i migranti possono essere un’opportunità o diventare un problema. Tutto dipende dalla volontà e dalla capacità dei governi di mettere in atto processi per un loro corretto inserimento nel tessuto sociale.
Dando uno sguardo ai dati il direttore marittimo della Sicilia occidentale Massimo Macauda dice che quest’anno sono aumentati di parecchio gli sbarchi. 153 mila in Italia di cui 115 mila, più di due terzi, nella Sicilia occidentale, in gran parte a Lampedusa e Pantelleria. I soccorsi hanno interessato 70 mila persone tra uomini, donne e bambini.
Sempre i dati ci dicono che nonostante gli sbarchi si concentrano in gran parte nell’Isola, la presenza della popolazione straniera (moltissimi sono solo di passaggio) è parecchio al di sotto della media nazionale: appena il 3,8% rispetto alla media nazionale dell’8,5 %. Tra chi proviene dall’Africa il record è tenuto dai tunisini con l’11,8%, seguiti dai marocchini (8,5%).
Tanti, come si diceva, i problemi, sottolineati nel corso della conferenza, che restano irrisolti. In testa a tutti lo sfruttamento di diverse centinaia di lavoratori extracomunitari impiegati in nero e sottopagati. Fenomeno che non si riesce a sconfiggere sia per l’esiguo numero di ispettori del lavoro che per la paura degli stessi operai di denunciare o perché fanno un “lavoro in grigio”, hanno cioè contratti per alcune ore giornaliere, ma poi sono costretti a farne il doppio ed in alcuni casi anche il triplo. “Nelle aziende – dice Salvatore Fina, ispettore del lavoro di Trapani – troviamo moltissimi operai irregolari. Al nostro arrivo c’è il fuggi fuggi per non farsi identificare e chi non riesce a scappare dice che è al primo giorno di lavoro quando invece è lì anche da mesi”.
Gravissima è poi la questione abitativa nelle campagne con “insediamenti informali”, cosiddetti “non luoghi”, fatiscenti, in baracche, catapecchie, edifici abbandonati da anni privi delle più elementari norme igienico sanitarie, dove l’assistenza sanitaria è solo un miraggio. L’assessorato ha commissionato una ricerca (coordinatrice Rafaela Pscoal) che documenta situazioni drammatiche. Esempi concreti li snocciola Hamadai Sowe, mediatore gambiano di Marsala, che parla di “persone dimenticate, non considerati più come essere umani” e ricorda lo sgombero di centinaia di operai che si riparavano dal vento e dalla pioggia, in condizioni estremamente precarie, nell’ex cementificio di Campobello di Mazara. “Sono stati buttati fuori senza dare loro un’alternativa. Non si trova un alloggio degno di questo nome e molti sono costretti a pagare 150 euro al mese per dormire per terra in ambienti estremamente precari”.
Nelle città invece ai migranti viene negato l’affitto di una casa mentre migliaia sono sfitte. Occorrerebbe un fondo di garanzia che tuteli i proprietari. Se ne parla da tempo, ma non c’è ancora nulla di concreto.
Da più parti si lamenta la mancanza di manodopera. Massimo Vangheri, segretario Fenapi di Agrigento, dice di avere ricevuto anche richieste di operai dal Nord Italia, ma poi stranamente la domanda non si riesce ad incontrare con l’offerta. Anche Vincenzo Pisa della cooperativa Rinascita di Valledolmo lamenta la mancanza di manodopera.
I migranti potrebbero essere, quindi, un’opportunità, per le aziende e lo sviluppo, ma non c’è una vera gestione che regola il tutto in modo proficuo e favorisce la loro inclusione.
Sarebbero anche un’opportunità per contrastare la decrescita demografica che si registra da anni in Sicilia e nel resto d’Italia. I paesi, soprattutto quelli delle aree interne, si stanno spopolando. Un esempio per tutti quello di Valledolmo. Il sindaco Angelo Conti lamenta che il suo paese è “passato dagli 8mila abitanti degli anni ‘50 ai 3mila e 300 di adesso, che negli ultimi due anni sono andati via 221 persone e fra 40 anni il paese scomparirà”. E plaude al fatto che nei giorni scorsi si è insediata in paese una coppia di extracomunitari con un bambino. Ce ne vorrebbero tante altre.
Nel corso della conferenza è stato fatto il punto sulle cose fatte dall’assessorato alla Famiglia e più precisamente dal Servizio 3 diretto da Michela Bongiorno sotto il coordinamento della dirigente generale Maria Letizia Di Liberti e con i collaboratori di questo ufficio, in testa a tutti il funzionario Saverino Richiusa, principale motore di moltissime iniziative.
Tra le cose realizzate la Regione vanta la costituzione dell’Osservatorio sul fenomeno migratorio, che monitora la situazione e valuta le possibili soluzioni da approntare, l’elenco dei mediatori e facilitatori linguistici a disposizione di enti pubblici e privati che vogliono avvalersi di queste professionalità per facilitare le comunicazioni con lo straniero e la costituzione di nove poli sociali integrati, uno per ciascuna provincia, che danno assistenza a 360 gradi ai migranti. La Regione si è guadagnata anche il ruolo di coordinatrice della governance del fenomeno migratorio e della promozione delle politiche di inclusione lavorativa della popolazione straniera nelle regioni del sud Italia (Basilicata, Puglia, Campania e Calabria) per il triennio 2022-2025.
Passi avanti sono stati fatti anche nella predisposizione del piano triennale per l’accoglienza e l’inclusione. Un documento di fondamentale importanza (che avrebbe dovuto essere pronto a fine 2021) perché mette in evidenza le principali criticità esistenti (il difficile accesso dei migranti all’assistenza sanitaria, alla scuola, alla formazione, al lavoro e alla ricerca di una casa) e propone le soluzioni che dovrebbero essere recepite dal legislatore. A giorni il piano sarà presentato dagli uffici all’assessore che poi dovrà inviarlo in commissione all’Ars e quindi essere approvato dalla giunta.
La Regione si è impegnata anche nella lotta al caporalato, soprattutto nel ragusano, investendo fondi per circa 8 miliardi. Ottenendo dei risultati che però sono una goccia nel mare di questo problema che ha assunto dimensioni molto gravi e rilevanti, interessando anche alcune zone del trapanese e del catanese. In questi giorni gli uffici dell’assessorato sono impegnati nella redazione di progetti per diversi milioni di euro che riguardano la lotta al caporalato (50 milioni per tutte le Regioni del Sud), per sostenere l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati e nel settore dell’istruzione. I fondi provengono in parte dall’Unione Europea e dal ministero del Lavoro. Un fiume di denaro che se ben gestito può dare una serie di risposte concrete.
E intanto la Regione ha fatto sapere di schierarsi contro il fenomeno dei trafficanti e di essere più presente nella lotta allo sfruttamento dei lavoratori extracomunitari. Lo ha reso noto l’assessore alla Famiglia Nuccia Albano. “Proporrò alla giunta – ha sottolineato – la costituzione di parte civile nei processi che riguardano la tratta di esseri umani e il caporalato”. Un annuncio che suscita la dura reazione del deputato del Pd Sergio Lima. “Una misura ipocrita – dice – che non aggiunge nulla alla lotta contro lo sfruttamento. Il governo regionale si adoperi invece per risolvere la spaventosa carenza di ispettori del lavoro e per dare piena attuazione alla legge sull’accoglienza varata nella scorsa legislatura”.
Nella foto in alto da sinistra verso destra: il questore Vito Calvino, il prefetto Massimo Mariani e l’assessore Nuccia Albano. Nel testo dall’alto verso il basso: il funzionario Saverino Richiusa e la dirigente del servizio 3 Michela Bongiorno, il procuratore della Repubblica di Termini Imerese Ambrogio Cartosio e la dirigente generale dell’assessorato alla Famiglia Maria Letizia Di Liberti.